I PROBLEMI LEGATI ALLA COMPRAVENDITA DI IMMOBILI DONATI
Il nostro ordinamento giuridico prevede che, alla morte di una persona, i suoi stretti congiunti abbiano diritto a conseguire la quota di legittima e cioè una quota dell'attivo ereditario da calcolare su una massa composta dalla somma del valore dei beni che il defunto ha lasciato alla sua morte e di quelli che sono stati donati durante la propria vita.
L'art. 536 cod. civ. individua tre categorie di persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità, indipendentemente dalla volontà del de cuius:
- il coniuge;
- i figli legittimi o naturali (e i loro discendenti);
- gli ascendenti legittimi.
Qualora il valore delle donazioni abbia ecceduto la quota della quale il defunto poteva liberamente disporre, gli eredi legittimari, a cui spetta per legge una parte della massa ereditaria, possono intraprendere la cosiddetta azione di riduzione verso coloro che abbiano beneficiato delle liberalità del de cuius (cioè i donatari), le quali vengono "ridotte" nella misura in cui occorre per soddisfare i diritti dei legittimari.
Qualora, nel frattempo, l'immobile donato sia stato alienato a terzi, l'art. 563 cod. civ. consente ai legittimari, "premessa l'escussione dei beni del donatario" e cioè dopo avere tentato di ottenere quanto dovuto dal beneficiario della donazione, di esperire la conseguente azione di restituzione nei confronti dei successivi acquirenti.
Sempre lo stesso articolo consente al terzo acquirente di "liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate, pagando l'equivalente in danaro".
A fronte di questo rischio, le banche sono molto restie a concedere un mutuo per l'acquisto di un immobile proveniente da una donazione in quanto, nell'ipotesi di un'azione di restituzione, l'ipoteca iscritta perderebbe di efficacia e non costituirebbe più garanzia della somma finanziata all'acquirente.
Va ricordato che il calcolo, per valutare se una donazione possa essere stata lesiva del diritto di un erede legittimario, può essere effettuato solo dopo la morte del donante e gli aventi diritto non possono rinunciare all'azione di riduzione prima della morte del donante "né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione".
Tale situazione di palese precarietà ed incertezza che accompagnava la commercializzazione di un immobile proveniente da una donazione è stata in parte attenuata con il D.L. n. 35/2005 (convertito nella L. n. 80/2005) e con la L. n. 263/2005 che hanno integrato e parzialmente modificato alcune disposizioni contenute nel nostro codice civile (per visionare nel dettaglio le modifiche apportate, cliccare QUI ).
Una nuova figura introdotta nel nostro codice civile è l'atto stragiudiziale di opposizione alla donazione, con il quale i legittimari, anche prima della morte del donante, possono opporsi alla donazione, purché lo facciano entro 20 anni dalla donazione stessa. Le principali caratteristiche di tale atto sono:
Una seconda innovazione è stata espressa dall'introduzione del termine ventennale (a decorrere dalla data della donazione) oltre il quale l'azione di restituzione non potrà più essere esercitata nei confronti dell'avente causa (acquirente) del donatario, ponendo così un termine ben preciso entro cui limitare il diritto dell'erede legittimario.
Parimenti, i pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è richiesta dopo 20 anni dalla donazione.
Un altro termine a tutela dell'acquirente di un immobile donato, posto al fine di facilitarne la circolazione futura, era già contenuto nel punto 8 dell'art. 2652 cod. civ. (punto 8) ove prevede che, in caso di domanda di riduzione della donazione, qualora la trascrizione della domanda (da sottolineare che qui si sta parlando del termine riferito alla trascrizione e non alla domanda) sia eseguita dopo 10 anni dall'apertura della successione, "la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda". In altre parole, trascorsi dieci anni dall'apertura della successione, il legittimario non potrà vantare più alcun diritto sui beni precedentemente alienati dal donatario/venditore.
A tal proposito va doverosamente ricordato che, nel caso in cui non siano intervenuti atti, volti a sospendere i termini di prescrizione, trascorsi 10 anni dall'apertura della successione decade il diritto del legittimario a presentare domanda di riduzione nei confronti dei beneficiari delle donazioni.
Per concludere, ai fini di una corretta e più sicura commercializzazione di un bene proveniente da una donazione e per valutare se ricorrano determinati requisiti per cui un istituto di credito possa prendere in considerazione l'ipotesi di finanziarne l'acquisto (si legga, nei commenti in calce, una interessante sentenza sulla responsabilità del mediatore in caso di omessa comunicazione alla parte acquirente della provenienza di un un immobile donato), sarebbe opportuno verificare, in via preliminare:
Va ricordato che il calcolo, per valutare se una donazione possa essere stata lesiva del diritto di un erede legittimario, può essere effettuato solo dopo la morte del donante e gli aventi diritto non possono rinunciare all'azione di riduzione prima della morte del donante "né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione".
Tale situazione di palese precarietà ed incertezza che accompagnava la commercializzazione di un immobile proveniente da una donazione è stata in parte attenuata con il D.L. n. 35/2005 (convertito nella L. n. 80/2005) e con la L. n. 263/2005 che hanno integrato e parzialmente modificato alcune disposizioni contenute nel nostro codice civile (per visionare nel dettaglio le modifiche apportate, cliccare QUI ).
Una nuova figura introdotta nel nostro codice civile è l'atto stragiudiziale di opposizione alla donazione, con il quale i legittimari, anche prima della morte del donante, possono opporsi alla donazione, purché lo facciano entro 20 anni dalla donazione stessa. Le principali caratteristiche di tale atto sono:
- può essere compiuto solo dal coniuge e dai parenti in linea retta;
- deve essere notificato;
- deve essere trascritto;
- è un atto personale e rinunziabile;
- perde efficacia se non è rinnovato entro 20 anni dalla sua trascrizione.
Una seconda innovazione è stata espressa dall'introduzione del termine ventennale (a decorrere dalla data della donazione) oltre il quale l'azione di restituzione non potrà più essere esercitata nei confronti dell'avente causa (acquirente) del donatario, ponendo così un termine ben preciso entro cui limitare il diritto dell'erede legittimario.
Parimenti, i pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è richiesta dopo 20 anni dalla donazione.
Un altro termine a tutela dell'acquirente di un immobile donato, posto al fine di facilitarne la circolazione futura, era già contenuto nel punto 8 dell'art. 2652 cod. civ. (punto 8) ove prevede che, in caso di domanda di riduzione della donazione, qualora la trascrizione della domanda (da sottolineare che qui si sta parlando del termine riferito alla trascrizione e non alla domanda) sia eseguita dopo 10 anni dall'apertura della successione, "la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda". In altre parole, trascorsi dieci anni dall'apertura della successione, il legittimario non potrà vantare più alcun diritto sui beni precedentemente alienati dal donatario/venditore.
A tal proposito va doverosamente ricordato che, nel caso in cui non siano intervenuti atti, volti a sospendere i termini di prescrizione, trascorsi 10 anni dall'apertura della successione decade il diritto del legittimario a presentare domanda di riduzione nei confronti dei beneficiari delle donazioni.
Per concludere, ai fini di una corretta e più sicura commercializzazione di un bene proveniente da una donazione e per valutare se ricorrano determinati requisiti per cui un istituto di credito possa prendere in considerazione l'ipotesi di finanziarne l'acquisto (si legga, nei commenti in calce, una interessante sentenza sulla responsabilità del mediatore in caso di omessa comunicazione alla parte acquirente della provenienza di un un immobile donato), sarebbe opportuno verificare, in via preliminare:
- se il donante è ancora in vita;
- se sono stati trascritti atti di opposizione alla donazione;
- qualora il donante fosse deceduto, verificare l'esistenza di eredi legittimari;
- verificare quanti anni sono trascorsi dalla donazione;
- in caso di morte,verificare da quanti anni è stata aperta la successione.
APPROFONDIMENTO 1
Una prassi utilizzata dalle banche è quella di fare intervenire nella vendita il donante, facendogli prestare idonea fidejussione per garantire la banca, in sede di concessione di mutuo ipotecario per l'acquisto dell'immobile precedentemente donato, affinché, in caso di eventuale vittoriosa azione di riduzione dei legittimari, questi ultimi (onorando la fidejussione) si dovranno fare carico del pagamento del creditore ipotecario, neutralizzando così il danno cagionato dalla conseguente restituzione del bene. In altre parole, tale fidejussione servirebbe per "scoraggiare" gli aventi diritto ad intraprendere un'azione che porterebbe loro stessi a garantire economicamente la banca dal danno economico cagionato dalla loro iniziativa.
La sentenza del Tribunale di Mantova n. 228 del 2011 ha dichiarato la nullità della fidejussione rilasciata dalla banca a garanzia di un mutuo con ipoteca iscritta su un immobile donato definendola lesiva del diritto degli eredi del donante a non subire pesi o condizioni sulla loro quota di eredità, a seguito dell'apertura della successione, così come sancito dall'art. 549 cod. civ.
APPROFONDIMENTO 2
Nell'ipotesi di una donazione indiretta, attraverso, per esempio, il pagamento del prezzo di un immobile, acquistato dal figlio, da parte dei genitori, la sentenza della Corte di Cassazione, sez. I, n. 11496 del 12/05/2010 stabilisce che oggetto dell'azione di restituzione possa essere solo un immobile effettivamente donato. Nel caso invece che la donazione consista nel pagamento del prezzo dovuto da altri, il legittimario dovrà rivolgersi esclusivamente al donatario, senza potere coinvolgere chi sia diventato proprietario dell'immobile con atto di compravendita.
APPROFONDIMENTO 3
Nel caso in cui venga venduto un immobile (nella fattispecie un terreno) precedentemente ricevuto in donazione, l'Agenzia delle Entrate, fornendo elementi, anche indiziari, in grado di far ritenere che un'operazione (nel caso esaminato una triangolazione: padre dona alla figlia un terreno che viene poi venduto ad un terzo acquirente) possa essere considerata irragionevole in una normale logica di mercato, può procedere a recuperare a tassazione la plusvalenza della cessione immobiliare attribuendo al contribuente (nel caso in esame il padre) i redditi di cui appare titolare altro soggetto (la figlia) ravvisando in tali negozi una mera funzione elusiva. Spetterà al contribuente accertato fornire la prova di valide ragioni economiche alternative o concorrenti, di carattere non meramente marginale o teorico, tali da giustificare le operazioni poste in essere. In tal senso si è espressa la Corte di Cassazione con ordinanza n. 13089 del 25 luglio 2012 . Dello stesso tenore la sentenza della Corte di Cassazione, sezione tributaria, n. 449 del 10 gennaio 2013 .
Responsabilità del mediatore:
RispondiEliminaIncorre in responsabilità e nel conseguente onere risarcitorio il mediatore che, in violazione dell'art. 1759 c.c., non provveda ad informare il promissario acquirente, pur essendone a conoscenza, della provenienza del bene oggetto della proposta irrevocabile di acquisto da donazione. Siffatta provenienza, invero, è nella prassi bancaria ostativa alla concessione di finanziamenti ipotecari, poiché concreta la possibilità, anche a distanza di molti anni dal finanziamento, della perdita della proprietà da parte dell'acquirente in conseguenza dell'esercizio dell'azione di riduzione da parte di eredi pretermessi. La circostanza di cui innanzi, la quale di fatto comporta oggettivamente una riduzione del valore di mercato del bene immobile, era nella pacificamente nota al mediatore, ed è stata dolosamente taciuta agli acquirenti, sia da parte del mediatore stesso che da parte dei venditori, avendone gli attori appreso notizia solamente dal notaio incaricato del rogito, in epoca successiva alla sottoscrizione dell'offerta irrevocabile d'acquisto. Ne consegue la responsabilità solidale al risarcimento del danno subito dai promissari acquirenti (odierni attori) in capo ai promissari alienanti ed al mediatore, il quale ultimo sarà tenuto, altresì, alla restituzione della somma ad esso corrisposta a titolo di compenso e garanzia all'impegno oltre interessi legali.
Trib. Padova, Sez. II, 12/04/2010